C’è chi molla per scelta, chi per costrizione. Certo è che a Mantova stanno chiudendo i battenti alcuni negozi di vecchia data, che hanno segnato indissolubilmente la storia del commercio locale. Ha abbassato la saracinesca ai primi di dicembre la signora Maria Sgarbi, titolare della bottega di intimo in via Chiassi ‘Il Cassetto’.

Stessa sorte per la ‘Fioreria Bruna’ di via Giorgio Susani, davanti all’ingresso dell’ospedale vecchio.  E a breve l’addio a una delle boutique d’abbigliamento più esclusive della città: Maxim’S, di Sergio Scavazza, in via Oberdan. Effetto crisi? «No, effetto stanchezza – ironizza il proprietario – Per me e mia moglie è tempo di tranquillità». La sua vita? Mezzo secolo in una bottega. Quella di Maxim’S, infatti, è una storia lunga 51 anni, l’apertura risale al marzo del ’77.  A Mantova ha introdotto i marchi più esclusivi di designer italiani e internazionali, prodotti particolari che hanno rivoluzionato il modo di vestirsi. Capi di Armani, Stone Island, Allegri, Versace. Marchi che, nonostante prezzi poco concorrenziali, «abbiamo sempre venduto bene». «Il periodo d’oro di questa attività – raccolta Scavazza – risale indubbiamente agli anni Ottanta. È allora che sono nate aziende che hanno letteralmente stravolto il mondo della moda».

E Mantova si è sempre confermata al passo con stili e tendenze in continua evoluzione: «Ho servito una clientela molto varia, di età compresa tra i venti e i cinquanta anni. Nel 99% dei casi uomini. Gente innamorata dei colori e delle collezioni migliori. Persone particolari, con uno spiccato senso del gusto, che oggi mi confessano il loro dispiacere per questa chiusura. Ma io e mia moglie siamo davvero stanchi, dopo cinquant’anni di boutique abbiamo disperatamente bisogno di tempo libero».

Lo avranno, ma in primavera. La loro attività chiuderà orientativamente a marzo.  Un caso, quello dei coniugi Scavazza, molto diverso da quello della signora Bruna Ghizzoni, titolare del negozio di fiori di via Susani che ha chiuso solo due giorni fa: «Amo i fiori e il mio lavoro, non lo avrei mollato per niente al mondo. Perché l’ho fatto? Sono stata costretta. Dopo 37 anni di attività hanno deciso di non rinnovarmi il contratto di affitto. Hanno venduto questo locale costringendomi a mandare tutto all’aria. Gli affari sono sempre andati piuttosto bene e se il futuro di questa attività fosse dipeso da me non l’avrei mai mollata. Ci tenevo troppo».

Roberta Marcuccilli




Scritto da: Gazzetta di Mantova
Data: 7 Gennaio 2009
Categoria: Cronaca


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