Queste pianure meravigliose, queste architetture mantovane d’eccezione che viviamo nella nostra idea immota, questi paesaggi di pioppi che cambiano continuamente, questa musica non più collocabile…

Che bellezza! Siamo quasi giunti al punto, alla svolta, col solito stile funambolico all’italiana. E’ bello percepire la lentezza del territorio, delle nostre pianure e portarsi dentro la rivoluzione (o evoluzione?) che sta avvenendo ai giorni nostri; è un po’ come chi esprime l’ultimo sguardo e vede tutto immutato mentre per lui, in pochi attimi, sarà tutto diverso e lo sente.

Col finestrino dell’auto giù, riascolto per l’ennesima volta i brani in mp3 che ho scritto di mio pugno e continuo a stupirmi ancora: pur sentendoli miei mi rendo anche conto di averli presi in prestito da qualche parte, dall’aria probabilmente e guardando attraverso di essa vedo un paesaggio che forse non c’entra niente con queste melodie.

E’ quello che io chiamo “il mondo in un punto” per cui il nostro corpo vive in una determinata situazione spazio-temporale mentre la mente, una volta con l’immaginazione oggi più facilmente col web, può essere immersa in tutt’altro, in un’altra parte della Terra; quello che per i nostri nonni era l’impossibile, come al solito, si è verificato e può incidere sulle nostre vite reali; ma allora il limite qual’è? E’ comunque il nostro corpo e lo stiamo cambiando, le idee, il web lo stanno cambiando molto rapidamente, ma in maniera talmente celere per cui una giovane di 28 anni mi dice: “il mondo va troppo veloce!”.

Allora torno ad ascoltare i miei brani, mi pare abbiano un’origine lontana, anglosassone, cantati in inglese, che strano, che era. Il Mondo ci ha bussato alla porta ed era già entrato eppure quel casolare è fermo lì da decenni e quel bel crocchio di tigli mi appaga sempre, con quel verde di miracolo che in primavera si staglia vivido nel contrasto dei fusti neri contro-sole.

E la musica mi accompagna col momento catartico dei Doors, con gli Aphrodite Child, coi Led Zeppelin, con i Radiohead. Forse aver sempre ascoltato gli stranieri mi ha proiettato in una situazione particolare, mondiale: mio nonno probabilmente ascoltava solo gli italiani (Gigli, Villa) poi la comunicazione, il passaggio delle informazioni ci ha portato qui, ci ha un po’ sradicato nei nostri stessi paesi. Che strano. Oppure ci ha semplicemente detto: “il mondo è alle porte non potete più ignorarlo”. Tutto ciò mi fa ancora effetto. E parecchio. E galleggio.

Pensare che fino a prima della riproduzione su vinile se volevi ascoltare della musica dovevi saper suonare uno strumento oppure dovevi andare a qualche concerto: quanti trucchi, quanti segreti, quanti accorgimenti, quante cose non dette, quanti silenzi… dov’è finita la brutalità della diretta, l’irripetibilità del momento, il rito, la violenza suprema della tragedia? Chi lo sa!? Che strano.

The T-scental, Eyes with IceTutto appare più all’acqua di rose, più sottile, più subdolo, più fradicio: è come vedere un film attraverso una patina di carta oleata: i T-Scental non ci stanno. In questa meravigliosa apparente contraddizione che si rinnova di giorno in giorno penso che il miracolo si possa ripetere. Abbiamo compartecipato alla positività, alla creazione e il primo giugno uscirà la cristallizzazione di questi nostri sforzi, delle nostre ispirazioni: l’album “Eyes with Ice” contenente 12 brani inediti in lingua inglese. La presentazione dei pezzi avverrà presso il locale “la Pausa” di Campogalliano. Di lì proseguiremo coi live (forse anche all’estero) col nostro solito intento di ricondurci all’autentico. Per chi volesse un’anteprima: https://www.facebook.com/TheTScental.

…Un maestro avrebbe detto: “se proprio dovete puntare in basso almeno puntate alla felicità”.

Grazie.
Harry dei T-Scental




Scritto da: Harry dei T-Scental
Data: 4 Maggio 2012
Categoria: Eventi


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