Signor Direttore,
comunque la si pensi dei promotori politici del referendum per la Grande Mantova, sta di fatto che sono mesi che ogni giorno li si vede da mattina a sera in Piazza Mantegna impegnati a raccogliere le firme occorrenti, per cui non è davvero il caso di sollevare dubbi sulla credibilità e serietà dei loro intenti.

Tanto è vero che coloro che li additano come dei critici poco attendibili dei nostri poltronai, sono gli stessi che non mancano di rilevare che i promotori del referendum hanno suscitato l’ostilità nei loro versi degli apparati della partitocrazia e delle baronie locali.

Si dà infatti che partiti quali la Lega, e il Pd, puntualmente inseriscano la Grande Mantova nei loro programmi elettorali, magari fino dai tempi di Vladimiro Bertazzoni Sindaco, ma che poi i loro eletti puntualmente si rimangino tutto, al solo rendersi conto che con l’avvento della grande Mantova chi dovrebbe decadere dal maneggio e lasciare gli incarichi sono proprio loro.

Sta in questo l’arcano che spiega perché aspettare ancora che la Grande Mantova si formi dall’alto è scherzo od è follia, e l’iniziativa deve essere suscitata dal basso.

Coloro che parlando proprio nell’interesse di questi potentati amministrativi, rimproverano ai promotori “perché ora e non prima?”, non tengono poi conto di come che la situazione sia divenuta d’emergenza, perché oramai Mantova, con buona pace di coloro che ne enfatizzano ori e tesori e finiscono per farne un outlet turistico, per il suo numero esiguo di abitanti sta perdendo ora anche il Provveditorato degli Studi, dopo avere già cessato per tale ragione di essere sede della Banca d’Italia, della Motorizzazione, dell’Azienda Territoriale Sanitaria, della Cisl, della Uil, della CIA, dell’ARPA, e dell’ALER.

Solo il più radicato localismo mentale può inoltre suscitare polemiche perché tali promotori andranno raccogliendo firme alle fiere delle Grazie e di Gonzaga, giacché non considerano che in gioco è il ruolo di Mantova come effettivo Capoluogo di una nostra provincia che sia sempre meno periferica, in vista dell’Area Vasta con Cremona.

Forse, muovendosi solo con i loro mezzi e senza sostegno di partito, i promotori del referendum hanno commesso errori evidenti, chiedendo di sottoscrivere per il referendum senza che abbiano esplicitato una propria visione di una grande Mantova futura, e che si siano affidati ai media locali per comunicarne i vantaggi indubitabili, ma ciò che è innegabile è la tempestività e l’opportunità dell’iniziativa.

Un referendum è l’occasione imperdibile perché dal confronto obbligato con lo stesse forze del No, tra i favorevoli alla Grande Mantova dei diversi schieramenti emergano le concezioni strategiche che quanto ad essa ancora latitano, tanto più che oramai incombono le prossime elezioni comunali di cui volenti o nolenti sul tema della Grande Mantova, comunque vadano le cose, si incentrerà il dibattito politico.

Coloro che liquidano la grande Mantova come un bluff ignorano che il principale competitore del Sindaco Palazzi sarà presumibilmente Gianfranco Burchiellaro, il quale in un suo recente libro di notevole interesse che ne anticipa la discesa in campo, Tra le pietre e la palude, ha ben chiarito che la Grande Mantova sarà il suo cavallo di battaglia, lo spartiacque tra innovazione e conservazione, su cui si gioca per lui l’alternativa” tra una città festa di corte per pochi, e una città del lavoro, dell’ambiente e della cultura per molti”, e che in merito a tale referente ideale obbligherà i contendenti a cimentarsi nelle loro idee di città e progettualità alternative .

Sì dunque al referendum, con la propria firma, per aprire un grande dibattito reale sulla Grande Mantova futura.

Odorico Bergamaschi




Scritto da: Odorico Bergamaschi
Data: 26 Luglio 2018
Categoria: Cronaca


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