Mostra Mario De Leo Mantova 2019La Galleria Arianna Sartori, nella sede di via Cappello 17 a Mantova, inaugura la mostra “differenti uguaglianze” opere di Mario De Leo e Tiziana Rizzi, sabato 20 aprile 2019 alle ore 17.30 alla presenza degli artisti.

Mario De Leo, artista già conosciuto al pubblico mantovano, nel 1998 è invitato con una mostra personale al Palazzo Ducale di Revere (MN) ed ha un’opera esposta allo “Young Museum” di Revere (MN), inoltre è invitato nel 2007 alla mostra itinerante “Generazione anni ‘40” a cura di Raffaele De Grada e Claudio Rizzi al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Gazoldo degli Ippoliti (MN).

DIFFERENTI UGUAGLIANZE
Nella mostra antologica che si svolgerà presso la Galleria Arianna Sartori dal 20 aprile al 9 maggio 2019, Mario De Leo presenterà una serie di lavori realizzati dagli anni ’80 fino ai giorni nostri.
L’esposizione vuole proporre una visione essenziale del suo percorso creativo, toccando i periodi principali che vanno dalle “Figure Amazzoniche” ai “Punti Ascensionali” fino ai lavori più concettuali del ciclo “Lettere Cosmiche”, che stanno avendo un riscontro positivo sia in Italia che all’estero.
I tre periodi hanno come filo conduttore l’impiego del microchip.
Sarà inoltre presente Tiziana Rizzi, con la quale De Leo presenterà le “differenti uguaglianze”, serie realizzata a quattro mani su supporti di ceramica, dove prevale il disegno spontaneo di De Leo, arricchito dalla raffinata colorazione della Rizzi; un connubio artistico, il loro, che dura da parecchi anni.
Pablo De Leo

“Da “contadino telematico”, come egli stesso ama definirsi, Mario De Leo affronta, sul versante per ora estremo delle visioni figlie dell’informatica, quanto è accaduto nell’ambito della popizzazione delle immagini.
Alle spalle non è tanto la vicenda storica delta Pop art, irruzione della cultura low negli strati autocertificati high: che è una storia passata ormai in giudicato, acquisita, ma anche tutto sommato dalle conseguenze circoscritte.
Ben più interessante, e fruttuoso, è per lui riflettere sulla standardizzazione artificiosa di tutte le immagini, quella sorta di user-friendliness che, dal pc, si è trasferita al nostro stesso sguardo rendendolo intuitivo e veloce con leggerezza, ma allo stesso tempo vorace, bulimico addirittura, in una sorta di deriva senza appello della selettività.
È stato Jean-Pierre Changeux a raccontarci della “stabilizzazione selettiva delle sinapsr, secondo la quale tanto più crescono gli stimoli, altrettanto si amplifica la perdita di flessibilità sensoriale: che era un fatto, si, già empiricamente indicato dai Warhol & Wesseiman & Oldenburg, in vario modo, ai nostri occhi; ma ora è, appunto, condizione cognitiva fattasi generale.
Ebbene, quanto tutto ciò riguardi le arti visive è fatto ben noto, che l’attuale panorama produttivo ed espositivo ogni giorno ribadisce. Quanto, d’altronde, la questione non sia né cosa né come fare, ma soprattutto perché, pare riguardare una minoranza ormai esigua. I new media offrono tecniche di visione, e in esse pare acquattarsi dò che continuiamo a indicare come creatività; dove si sia cacciato I’art criticism, ovvero la capacità dell’arte di procedere per mozioni intellettuali forti, o lucide, per straniamene e messe en abime eccetera, è questione per ora in parentesi.
Tant’è. Uno come De Leo si è fatto ‘contadino”, e ha scelto di muovere il suo à rebours verso forme di creatività criticamente stazzata, e verso iconografie infine consapevoli di se stesse, da dati visivi di semplificatissima elementarità.
Esplora la macchina informatica a partire dallo stereotipo visivo delle sue viscere, e la schematizza sino a fame una sorta di motivo decorativo, sul quale far aggettare altre forme di visione anch’essa stereotipa, ma terragna, legata a un sapere antico, radicale del mondo. Siano le forme della pasta alimentare, oppure le shapes d’un femminino ridotto a un proprio codice costitutivo, De Leo forza il livello significativo primo e trova il passo d una iconografia fastosa, che non è importante comprendere, ma di cui voracemente appropriarsi.
Deliberatamente, egli sceglie di comportarsi verso questo mondo d’immagine come, in altre epoche, il barbaro aniconico di fronte alle figure dell’umano: affascinato meravigliato, assumendo schemi, modi, schegge, senza porsi la questione della ratio genetica, dell’organicità, del perché.
Anche un altro, e troppo dimenticato, protagonista del postpopism, Bruno Zanichelli, aveva in altri tempi compreso la portata di questo sguardo tra barbaricamente meravigliato e infantilmente giocoso nel cuore della macchina d’intelligenza per antonomasia.
I circuiti si erano trasformati per lui in una sorta di puzzle impazzito e fascinoso, raddoppiandosi nell’evocazione delle scatole di montaggio per modellisti. Non sapeva, forse, come forse non sa De Leo, che questi circuiti li dobbiamo proprio a una generazione di giovanotti capaci di meravigliarsi e giocare. I primi hackers (che erano gli inventori, non i distruttori, del computer), tra fine Cinquanta e primi Sessanta, nelle aule del severo MIT di Boston, passavano armi e bagagli dal club di modellismo ferroviario all’opera sui primi farraginosi IBM: e inventavano la consolle, ma insieme i primi giochi elettronici…
Cosa potrà accadere a nuovi coboidi della macchina come De Leo non è dato di prevedere. Ciò che fa sperare è il cuore puro, la sana ingenuità e meraviglia, con cui uno come lui smonta mentalmente la macchina e la riduce a proporzioni ripensabili, e giocabilì. È molto, moltissimo”.
Flaminio Gualdoni

“La tecnica della decorazione artistica su ceramica si perde nella notte dei tempi.
Diffusa fin dalla preistoria, costituiva ed esplorava molteplici illustrazioni che sublimavano oltre all’incanto della botanica, animali mitologici e figure votive. Naturalmente lo sviluppo della tecnica è progredito nei secoli favorendo la nascita di neo-manufatti che incidono tutt’ora, nella civiltà contemporanea. Anche i grandi artisti del Novecento si sono impossessati della tecnica della ceramica, realizzando poetiche decisamente interessanti in un continuum con l’infinito, cavalcandone le molteplici idee dì bellezza. Queste forme artistiche hanno fertilizzato la curiosità avvicinando e coinvolgendo una persona sensibile come Tiziana Rizzi, che da anni svolge l’attività artistica sublimando la materia in un ambito figurale dalle intatte possibilità espressive. Nelle sue opere prevalgono soggetti floreali, ritmi ed geometrici e icone a sfondo religioso, […] raffinati ideofatti intrisi di poetiche in progress.”
Mario De Leo

Chi è Mario De Leo

Mario De Leo – Nasce a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, nel 1944. Si trasferisce a Milano all’inizio degli anni Sessanta; negli anni Settanta alterna l’attività di pittore a quella di musicista collaborando con il Maestro Giancarlo Disnan, curatore degli arrangiamenti di tutte le sue composizioni, raccolte nel primo LP dal titolo “Suonata situazione”. Con l’attore etnomusicologo Moni Ovadia fonda a Milano nei 1976 la cooperativa musicale “l’Orchestra”. Insieme a Michele Straniero, studioso di musica popolare, dà vita allo Studio Nazionale di Musica Etnica. Riceve numerosi riconoscimenti nella veste di cantautore e nel 1980 compone la colonna sonora del film “Sole, acqua, terra, vento”, della regista americana Jane R. Spaiser. Con Luigi Bianco, poeta e giornalista, Max Marra, pittore, e altri artisti, fonda la rivista culturale “Osaon” e, in seguito, il bimestrale di interscambio culturale “Harta”. Debutta in pubblico nel 1984 a Milano; partecipa a Premi, concorsi, rassegne tematiche ed esposizioni collettive in Italia e all’estero. Esordisce in mostra personale nel 1987 a Milano; da allora allestisce mostre in gallerie private ed enti pubblici. Nel 2001 è delegato ufficiale della Regione Lombardia per un convegno Internazionale in Svizzera, Cantone Sangallo. Sue opere sono in esposizione permanente in Musei nazionali e internazionali; “Young Museum” di Revere (Mantova), Palazzo del Comune di Ruvo di Puglia (Bari), Pinacoteca Civica di Ruttano (Lecce), Castello di Sartirana (Pavia), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Taverna (Catanzaro), Civico Museo Parisi Valle di Maccagno (Varese), Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (Milano) e Guang Dong Museum of Art di Canton (Cina). Nel 2011 partecipa alla 54ma Biennale Internazionale d’Arte di Venezia – Padiglione Italia in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia allestita a Torino, Sala Nervi. Nel 2014 una sua opera entra a far parte delle Raccolte Permanenti del Bice Bugatti Club di Nova Milanese. Nel febbraio 2018 il Comune di Seregno patrocina un’antologica dell’artista alla Galleria Civica “Ezio Mariani”; mostra a cura di Claudio Rizzi, in collaborazione con l’associazione culturale A.C.C.A. Nel 2018 il direttore della fiera Red Dot Miami, Rich Ferrante, ha scelto una sua opera “Lettera cosmica” tra le migliori dieci dell’edizione. Vive a Monza e lavora a Lissone.

Chi è Tiziana Rizzi

Tiziana Rizzi – Artista poliedrica, nata a Cremona il 22 Giugno 1955. Ha frequentato la scuola d’arte Leonardo di Cremona, occupandosi di varie discipline e sviluppando le tecniche artistiche. I suoi lavori sono tendenzialmente di esecuzione figurale, con procedure legate alle moderne tecniche miste. Nell’ultimo decennio si è specializzata negli interventi pittorici su ceramica. Al suo attivo numerose mostre e rassegne d’arte. Sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero. Attualmente vive a Macherio e lavora a Lissone, presso lo studio Perlarte.




Scritto da: Arianna Sartori
Data: 16 Aprile 2019
Categoria: Mostre


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